Il corpo come spazio creativo
Intervista a Enrico Petrilli.
Intervista Enrico Petrilli


[Ti va, per cominciare, di inquadrare l’ambito di cui ti occupi e come ci sei arrivato?]
Mi sono formato come sociologo dell’alcol e delle altre droghe poi, sia nel fare ricerca in questo campo sia per le mie esperienze personali, ho cominciato a interessarmi a due temi: la ricerca del piacere, connesso all’uso di sostanze legali e illegali (scarsamente considerato dalla ricerca accademica - il che mi sembrava un’assurdità perché la maggior parte delle persone utilizza sostanze per provare piacere…) e, allo stesso tempo, il contesto dei club di musica elettronica - spazi normati all’interno dei quali le persone speriementano, appunto, molti e diversi tipi di piacere… Dopo di che mi sono interessato ai Night Studies: un campo di ricerca interdisciplinare sullo studio della notte - non soltanto collegata ai club ma anche ad altri spazi e pratiche.

[Di cosa parliamo quando parliamo di piacere?]

In una visione capitalistica come quella contemporanea il piacere è sempre il prodotto di qualcosa (leggi un libro, mangi qualcosa, pippi una striscia di coca etc.) e la conseguenza di qualcosa; viene prodotto dal consumo e finisce lì.

Nella prospettiva che adotto, invece, si osservano gli aspetti generativi del piacere, ovvero cosa ci insegnano le esperienze edoniche e in che modo ciò che viene appreso si pone in un processo di resistenza rispetto a specifiche norme sociali. Per esempio, come le esperienze del clubbing servono alle persone per riscoprire il proprio corpo: danzare è una cosa che solitamente non ci viene insegnata o, anche quando questo accade, viene fatto in maniera normativa… C’è questa ossessione del “non sono capace di ballare”, quando invece la danza è la risposta che il corpo dà alla musica… non dovrebbe essere così normata. Attraverso la danza e attraverso la musica le persone possono riscoprire alcuni movimenti e alcuni piaceri che può dare l’esperienza del ballo.
Tutto ciò, inserito in un quadro contemporaneo di anestesia sociale; il clubbing all'opposto offre un possibile risveglio dei sensi, la possibilità di utilizzare il proprio corpo come fonte di piacere e in maniera più consapevole, contrapponendosi all’idea che il corpo sia solo una superficie o qualcosa che deve essere modificato secondo determinati standard…

"Notti Tossiche, Socialità, droghe e musica elettronica per resistere attraverso il piacere", Meltemi 2020

[È anche un modo per prendere contatto con sé stessɜ e con l’esterno…]

Certo, relazionarti con l’esterno attraverso la parola, per esempio, è diverso rispetto al farlo con il tuo corpo… E parlo di un corpo che non sta soffrendo o che si vuole modellare attraverso la fatica, come per esempio quello della palestra... È un corpo che si lascia andare, un corpo gioioso, che sta godendo.

Poi, ovviamente, il corpo che non segue la norma non è lo standard, anche nei club il corpo che attraverso il ballo può apprendere, e resistere alla normalizzazione, si scontra con altri usi che invece sono a favore dell’omologazione, del giudizio, etc… Le norme sono qualcosa che cominciamo a introiettare sin dalla nascita, per un processo di socializzazione che è terribile… Quindi, quando parlo di discoteca, sono consapevole del fatto che ci siano continui meccanismi di controllo - non è che se prendi una droga sei libero, tutt’altro… però nel club si aprono degli spazi di riflessione che sono importanti.

[In che modo questo approccio si traduce in azioni all’interno delle discoteche?]
Quello che si può osservare, è che per esempio tutte le strategie di awareness hanno una visione comune… magari sono interessate a temi più specifici, come la riduzione del danno o il contrasto degli abusi ma la direzione è la stessa… Ognuno opera nel proprio ambito per fare in modo che l’esperienza collettiva sia il più possibile gioiosa, e senza interferenza.

È un tema su cui c’è molta attenzione… il problema è che, come spesso accade in Italia, ci sono molte iniziative fantastiche che vanno avanti, però, nel discorso pubblico, i temi collegati alla notte e al divertimento notturno vengono semplificati e banalizzati. Un caso eclatante è quello della “movida”: si parla solo di disturbo e problemi per i residenti… non si va a vedere quali sono le origini della movida e perché si è arrivati ad avere i centri cittadini invasi dalle persone, o quali sono le norme e i processi, sociali ed economici, che hanno portato a un fenomeno sociale che prima non c’era…

“Secchiate”, per esempio (n.d.r.: la newsletter sulla notte di cui Enrico è fondatore insieme a Giorgia Castellano e Riccardo Ramello), nasce proprio con l’intenzione di dare spazio a certi temi trattandoli in maniera più dettagliata, senza che vengano subito inquadrati attraverso le solite cornici di senso e quindi come secondari rispetto a problemi più rilevanti…

Pubblicità Progresso, 1989

[Da cosa dipende questa banalizzazione?]
Io uso sempre la frase di Orson Welles nell’episodio “La ricotta” del film di Pasolini “Ro.Go.Pa.G.”, che dice: “La borghesia più ignorante d’Europa”. Non so come dire… c’è tanto, ci sono gruppi, studiosi che lavorano su questi temi, ci sono le reti internazionali… però poi, quando si arriva a quel livello ulteriore per cui queste informazioni dovrebbero essere diffuse, viene posto un limite. E potrebbe sembrare un’affermazione un po’ paranoica, ma se andiamo a guardare la storia della sinistra, certi temi sono sempre stati più importanti, certe soggettività sono state eliminate dal partito – perché se sei tossico sei un borghese, se sei frocio sei un borghese – e così non si fa in modo di collettivizzare le lotte - o come cazzo vogliono chiamarle…

Campagna istituzionale, 2023

[Quando parliamo di discoteca – hai specificato – ci riferiamo a uno spazio normato all’interno del quale ritroviamo determinati codici: che cosa intendi, in questo contesto, per resistere attraverso il piacere?]

Ti farei notare il controsenso per cui le discoteche nel discorso pubblico sono narrate come luoghi di trasgressione, anche se non lo erano neanche all’inizio… Si tratta di un fenomeno che ha più di 40 anni… niente di nuovo. Il clubbing e la musica elettronica non sono niente di nuovo e non c’è niente di trasgressivo… Ma non perché uno spazio è normato – e questa è la cosa bella che emerge da “Notti tossiche” – non diventa uno spazio politico in cui ci si può inserire e in cui si può esplorare quali sono i margini di azione per rispondere a tutti i processi di disciplinamento dei corpi e delle soggettività, tipici della nostra società neoliberista. Il fatto è che le discoteche, con il ballo e l’uso delle sostanze, danno un ampio margine di sperimentazione alle persone. E quindi, anche se il corpo e i movimenti sono normati, così come lo è anche la presentazione estetica delle persone, accade che con il proseguire delle ore, nelle discoteche, tutte quelle norme vadano un po’ a farsi benedire... L’iperstimolazione porta le persone a fare delle esperienze che contrastano l’ipercontrollo che governa i pensieri, il modo di essere, la quotidianità. Ciò che mi ha sorpreso nelle interviste di “Notte tossiche” è come la discoteca, il ballo, l’uso delle sostanze e la socialità aiutavano le persone a “smettere di pensare”. Molte delle persone intervistate avevano bisogno di uno spazio in cui stare tranquille… Il pensiero non era visto da un punto di vista illuminista; non era qualcosa di liberatorio, di positivo, che ti dà qualcosa in più… Era vissuto come ossessivo, qualcosa che ti perseguita durante il giorno perché hai mille cose a cui pensare, mille giudizi introiettati…

[Non so se centra ma, in effetti, mi viene in mente che i primi “esperimenti” su chi e come volevo essere al di fuori delle norme dettate dalla famiglia o dalla scuola, li ho fatti proprio in discoteca… Forse la discoteca mi ha aiutata a imparare qualcosa che poi ho portato anche fuori…]
Quello che dici mi risuona molto perché, pensa, se questo ha funzionato nella provincia italiana… Voglio dire, la possibilità di sperimentare nuove forme di essere, dipende dalla storia del clubbing. Se andiamo a guardare la storia della musica elettronica e della socialità danzante, il modello del clubbing contemporaneo nasce in una città, New York, tra gli anni 60 e gli anni 70, quando a creare il clubbing sono state tutte quelle persone, che Tim Lawrence (nel bellissimo "Love saves the day: A history of American dance music culture, 1970-1979") battezza party pariahs, escluse dalla società americana benestante e dalla controcultura hippy del tempo, che trovavano, nel clubbing, uno spazio d’espressione del quale – in una società etero-normativa razzista – avevano bisogno.

Dal mio punto di vista si tratta ancora di uno spazio di possibile critica sociale, perché nei club di musica elettronica il nostro modo di comportarci si contrappone alle norme, quindi queste diventano ancora più esplicite ed evidenti, e così possiamo esserne consapevoli.
Per questo, come sono stati importanti i rave negli anni 90, oggi lo è il clubbing. Siamo cresciuti come piccoli manager, ossessionati dalla competizione e dal miglioramento costante… ci definiamo attraverso il lavoro, da adulti e anche da studenti, purtroppo…
Certo, la discoteca può anche essere un rinforzo a questa mentalità – perché se ci vai per essere il più figo, il più alternativo o il più drogato, chiaramente riproduci questo schema – ma se la discoteca si oppone a quella che i sociologi italiani Chicchi e Simone hanno chiamato “Io-crazia”, e istituisci un atteggiamento di aiuto reciproco e comunità, allora riesci a sospendere questa modalità manageriale e fare esperienza di un altro modo di stare al mondo, mentre balli. Questa è resistenza!

E se assieme alla mente viene il corpo, che oggi è sempre più una superficie a cui attribuire significati o da modellare secondo alcuni standard, e sempre meno uno spazio in cui fare esperienza - a meno che queste non siano estreme – come il bungee jumping o lo sport estremo… Il clubbing invece, è fondato sull’esperienza tra corpo e musica, che è carnale. Non vai ad ascoltare un dj, vai a ballare con le altre persone, in quello spazio caldo e appiccicaticcio che è il dancefloor.

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