"I pianti e i lamenti dei pesci fossili", nella versione inedita di concerto, crea una nuova possibilità di relazione attorno alla sua esperienza aurale. L’aria, intesa come interfaccia, viene attraversata da due voci e trasformata in uno “spazio prima di ogni localizzazione”.

Lo spettacolo prende la forma di una progressiva stratificazione di pratiche corporee e vocali che richiama la struttura stessa del fossile.

Al confine sfumato tra organico e inorganico, tra vita e non-vita, il fossile è una testimonianza materiale e poetica dello scorrere e dello stratificarsi del tempo. I pianti e I lamenti dei pesci fossili tenta di costruire relazioni tra corpi e tempi incommensurabilmente distanti e differenti, piangendo il ciclo eterno della trasformazione della materia, della vita e della morte, nel contesto della Sesta Estinzione.

Nota a "I pianti e i lamenti dei pesci fossili": lo spettacolo, nella sua versione originale, nasce da una pratica di ricerca collettiva di Annamaria Ajmone, Veza Fernandez, Stella Succi, Elena Vastano e Natalia Trejbalovà.

Per approfondire la pratica di Annamaria Ajmone
ZONE DI CONTATTO
Leggi l'intervista a cura di Laura Nozza

“Sitting and Smiling” è una performance originariamente eseguita in live streaming dell'artista statunitense Benjamin Bennett, iniziata nel 2014 e proseguita per oltre 300 episodi. In ciascun video, Bennett si siede a gambe incrociate di fronte a una telecamera, sorridendo immobile per quattro ore consecutive, senza mai fornire spiegazioni o interrompere l’azione. Nemmeno quando, nell'episodio #5, l’artista si accorge che qualcuno è entrato in casa sua.

Una pratica estrema di immobilità e resistenza che, nel tempo e come lasciano intendere
i commenti sul canale YouTube, ha suscitato molti interrogativi e sentimenti contrastanti. Qualcuno l’ha interpretata come una forma di meditazione portata all'estremo, altri come una critica alla cultura della performatività e dell’intrattenimento continuo.

In un'intervista uscita su Vice, Bennett ha dichiarato che “Sitting and Smiling” non ha uno scopo, mettendo così in discussione un altro aspetto del vivere contemporaneo: la necessità di dare una spiegazione a ogni cosa. “My inbox is full of people asking me why I'm doing this, but I don't think that question applies to this type of activity."

Secondo il giornalista Timothy Kennett “Sitting and Smiling si distingue per la sua mancanza di progressione narrativa, costringendo lo spettatore a confrontarsi con il passare del tempo in modo diretto e spesso scomodo". Una performance che richiama opere di durational art come “The Clock” di Christian Marclay e “One Year Performance 1980–1981” di Tehching Hsieh, ma si differenzia per l'assenza di eventi o cambiamenti visibili, rendendo l'esperienza quasi insostenibile per chi guarda. (The Atlantic)

A distanza di oltre 10 anni dalla nascita di “Sitting and Smiling” abbiamo deciso con Benjamin Bennett di abbattere l’originale parete dello schermo portando per la prima volta in assoluto la performance in presenza, dentro il Performatorio. Un’esperienza che trasforma radicalmente la relazione tra spettatore e performer, rendendo fisico e condiviso un gesto che nasce come esperienza solitaria e digitale.

Un esperimento che rende visibile il tempo trasformandolo in un confronto reale in cui il sorriso di Bennett non è più solo un’immagine ma un gesto che abita e modifica un ambiente. Una performance collettiva, in cui il pubblico è l'inevitabile co-protagonista.

“Sitting and Smiling” dal vivo si terrà il primo giugno al Performatorio. Avrà una durata di 4 ore: dalle 16 alle 20. Durante questo arco di tempo le persone potranno liberamente entrare nello spazio del Performatorio, sostare, decidere di uscire e, se lo desiderano, tornare. In un’esperienza che è sia individuale sia di relazione.

“Sitting and Smiling” è una delle tante manifestazioni della pratica ramificata di Benjamin Bennett, che il 31 maggio sarà invece ospite di Invisible°Show nella veste di percussionista: un’esplorazione irregolare del suono e dei materiali attraverso tamburi, membrane e oggetti autocostruiti continuamente riorganizzati, percossi, sfregati o attivati “liberando universi nascosti di suoni inusuali” - Ernie Paik. Con lui ci saranno anche Eyes and Legs (FR) e Brandamaria (IT). Per conoscere il luogo e le info della data del 31 maggio vai sul sito di Invisible°Show.

ORLANDO SHORTS 2025 è la rassegna di cortometraggi che arriva quest’anno alla sua sesta edizione. La selezione, avvenuta presso gli spazi di Ink Cub, è stata curata da un gruppo di persone under 25. Un percorso di incontri in presenza è stato occasione ed espediente per discutere collettivamente alcune questioni relative a identità di genere, violenze di genere, vissuti, tematiche e storie della comunità queer. La rassegna esprime quindi il punto di vista, le priorità, i bisogni e i desideri delle generazioni più giovani.

La selezione verrà proiettata per due giorni, in loop, con accesso possibile in qualsiasi momento durante gli orari di apertura, nello spazio di Performatorio, arredato, per l’occasione, con elementi morbidi in cui sia piacevole sostare.

I titoli:

A Menos que bailemos (Unless We Dance) di Hanz Rippe Gabriele e Fernanda Pineda Palencia (Colombia, 2023) - durata 15’
A Quibdó, città colombiana con alto tasso di criminalità, la danza si fa linguaggio per affrontare un contesto sociale intriso di violenza, razzismo, omofobia e transfobia.

Jusqu'au dessert di Jules Duclos e Noë Simondi
(Francia, 2023) - durata 4’
Durante un pasto in famiglia, Ninho, un giovane uomo transgender, sprofonda in una spirale di negatività. Con l’aiuto de* amic*, cerca di liberarsi da un ricordo tormentato.

Gender Reveal di Mo Matton
(Canada, 2024) - durata 13’
Un trio queer a un gender reveal party, cosa potrebbe andare storto? Una dark comedy imprevista sull'inadeguatezza sociale e sugli stereotipi di genere.

Tudo que importa (All That Matters) di Coraci Ruiz
(Brasile, 2024) - durata 20’
Tre famiglie a confronto, tre storie di accoglienza e celebrazione dell’identità trans in un racconto che coinvolge diverse generazioni.

Aquest (no) és el teu oceà (This is (not) your ocean) di Jordi Wijnalda
(Spagna, 2024) - durata 14’
Una lettera intima prende forma tra suono e immagini, un'ode a un amore queer che si confronta con una perdita irrimediabile. 

Un evento nel programma di ORLANDO FESTIVAL 2025
in collaborazione con Ink Club, Performatorio e Florence Queer Festival.

Domenica 4 maggio alle ore 15.00 è prevista una presentazione della rassegna con traduzione in LIS.

La selezione è stata fatta da: Laura Amponsah, Nadiatou Bara, Giuditta Capelli, Martina Carbonaro, Ilaria Carrara, Anna El Koun, Jamila El Koun, Andrea Ruggeri, Elisa Tomiello.

Il Putan Club - duo franco-italiano formato da François Cambuzat e Gianna Greco - è una cellula radicale, anarchica e profondamente indipendente. Nessuna etichetta discografica, nessuna agenzia, nessun management. Cambuzat e Greco organizzano tutto da sé, dai concerti ai dischi alle interviste, con una media incredibile di oltre 150 concerti all’anno in ogni angolo del mondo, spesso in luoghi remoti e marginali, sostenendo progetti e comunità dalla forte identità politica e culturale. Musicalmente si muovono tra post-punk, industrial, noise e techno, ma in realtà sono un po’ tutto e non se ne dispiacciono.

Performatorio condivide con Invisible°Show una passione per l’ibridazione tra musica, corpo e performance, e il desiderio di creare esperienze autentiche come il sudato rito collettivo del Putan Club, per la prima volta a Bergamo.

Per conoscere meglio il Putan Club
SELVAGGERIE
Leggi l'intervista a cura di Invisible°Show.

Pauline Oliveros, compositrice, improvvisatrice e performer americana queer, esplora la differenza tra la natura involontaria dell'udito e quella volontaria e selettiva dell'ascolto. Per lei, l'ascolto profondo è “imparare a espandere la percezione dei suoni per includere l'intero continuum spazio-temporale del suono, accogliendo la maggior parte possibile della sua vastità e complessità”.

Un metodo che Diana Lola Posani - performer vocale e facilitatrice di Deep Listening certificata dalla Deep Listening Foundation - applica attraverso partiture e improvvisazioni, coltivando una maggiore consapevolezza dell'ambiente sonoro esterno e interno ed esplorando l'ascolto come strumento poetico per espandere i confini della realtà: qual è la differenza tra un suono ricordato, un suono sognato e uno appena sentito? L'azione collettiva mira a decostruire e rimuovere queste distinzioni percettive.

Una metodologia che comprende pratiche come lavoro corporeo, meditazioni sonore, massaggio sonoro, movimento nello spazio e non richiede nessun requisito o competenza.

Un’esperienza adatta a tutte le persone interessate alla divulgazione del significato dell’ascolto, professioniste della musica e del suono, o semplici appassionate. 

Per approfondire la ricerca di Diana Lola Posani
SCOLPIRE IL SUONO
Leggi l'intervista!

(Nell'immagine: Mariella Bettineschi, Morbido, 1980, organza, fiocco, oro, 23x19x3 cm)

“L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche”, curata da Lea Vergine nel 1980, è una mostra che oggi chi non c’era potrebbe definire leggendaria per il modo in cui ha evidenziato e riscritto il tema della presenza femminile all’interno del sistema dell’arte. 

Angela Maderna, storica dell’arte, nel saggio edito da Postmediabooks “L’altra metà dell’avanguardia quarant’anni dopo” ha provato a ricostruire il progetto ricollocandolo nel contesto sociale nazionale e nell’ambito del clima di rivendicazioni femministe degli anni Settanta, anche nel sistema dell’arte.


Un’indagine che ha aperto la strada a una nuova ricerca, partendo da una domanda: cosa è successo dopo? Qual è stata la relazione tra arte italiana e femminismo negli anni Ottanta? Cosa stava cambiando rispetto al decennio precedente?

Negli anni Ottanta, infatti, l'Italia attraversava un periodo di trasformazioni culturali e politiche che si riflettevano profondamente anche nelle arti visive e nel movimento delle donne. Dopo il fervore delle lotte degli anni Settanta, caratterizzate in Italia soprattutto dallo scoperta e dalla rivendicazione della differenza sessuale come strumento di liberazione, gli anni Ottanta hanno segnato un momento diverso. 

A livello sociale gli ultimi anni Settanta, segnati da un clima di violenza e tensione, avevano generato la disillusione e la disaffezione nei confronti delle ideologie, il movimento delle donne aveva smesso di essere un soggetto antagonista percepito come unitario e si facevano strada le diverse anime dei femminismi. Negli anni Ottanta infatti il femminismo non occupava più le piazze e le pagine dei giornali ma non si era arrestato, aveva preso diverse strade: da una parte era entrato a far parte delle istituzioni e le istanze erano soprattutto quelle della richiesta di parità, mentre il livello culturale conosceva una nuova fase di riflessione teorica, che guardava anche alla storia delle discipline rileggendole.

Anche sul fronte dei linguaggi artistici, in questo periodo, si tornava a guardare alla storia e a praticare le tecniche tradizionali di pittura e scultura. Dopo un decennio di azzeramento e smaterializzazione dell’oggetto, negli anni Ottanta gli artisti e le artiste delle nuove generazioni ricominciavano a dipingere e scolpire, in molti casi avvertendolo come un atto liberatorio rispetto alla rigidità del clima precedente. Le artiste, a differenza di molte colleghe della generazione precedente che negli anni Settanta avevano rivendicato uno spazio nel sistema, si allontanavano dal femminismo e diffidavano delle iniziative separatiste, chiedendo al contrario il confronto con gli artisti e la parità di trattamento rispetto ai colleghi.

Ripercorrere il rapporto tra arte italiana e femminismo negli anni Ottanta non è solo un esercizio storico, ma una chiave di lettura fondamentale per comprendere le dinamiche attuali. In un’epoca segnata da una nuova ondata femminista globale e da una crescente polarizzazione del dibattito pubblico, le lotte e le riflessioni di un’epoca precedente offrono strumenti preziosi per affrontare le sfide del presente.

Le artiste e in generale le donne di oggi, come quelle di ieri, si trovano a fronteggiare una fase delicata di trasformazione: quella di un sistema che tenta di normalizzare il dissenso e di un’industria culturale che lo fagocita. Conoscere il passato può aiutarci a trovare delle risposte su come gestire questo momento, che sembra avere molti elementi in comune con quella fase. Oggi proveremo a cercarle insieme.

“Daytime Viewing” (1979-80) di Jacqueline Humbert e David Rosenboom, è una composizione narrativa estesa e un’intensa riflessione sulla condizione femminile.

Originariamente concepita come performance teatrale nella quale Jacqueline Humbert era la protagonista, nasce dall’analisi dei programmi televisivi trasmessi nella fascia diurna (il daytime viewing, appunto) e dei fenomeni socio-culturali assimilabili all’audience a cui erano rivolti: le casalinghe.

Nella performance la protagonista vive una duplice esistenza, tra realtà e immaginazione. Un racconto che esaspera soggetti e oggetti del panorama mediatico televisivo – gossip, narrazioni iper-romantiche e moda – in un meccanismo di difesa funzionale contro la solitudine della condizione femminile. Le esperienze personali della protagonista si confondono con la fiction, trasformando la vita quotidiana in uno spettacolo immaginario che aliena progressivamente dalla realtà. Nella sua storia confluiscono le vite di molte donne dell’epoca – ma anche dei nostri giorni – intrappolate nelle convenzioni del lavoro domestico e all’interno di relazioni disfunzionali e abusanti.

“Daytime Viewing” oggi non esiste più nella sua forma di performance teatrale. Ciò che rimane è la documentazione, in un'edizione privata su VHS, oltre alla recente pubblicazione dell'album edito per Unseen Worlds. Un racconto fatto di suoni e parole - potente, straniante e terribilmente attuale.

ALMARE, organizzazione focalizzata sulle pratiche che utilizzano il suono come mezzo espressivo, ci guiderà alla scoperta di quest’opera attraverso una listening session e una talk espansa: tra ascolto, materiali d’archivio e riflessioni sull’incontro tra linguaggio mediatico e pratiche artistiche. 

David Rosenboom parteciperà all'incontro in collegamento online.

La listening session di “Daytime Viewing” si inserisce nel frame della quarta edizione di “Sound Quests”: il progetto annuale curato da ALMARE che indaga il rapporto tra narrazioni sonore e world-building concentrandosi ogni anno su un media specifico. Per il 2025 l’oggetto d’indagine è stato la televisione. Dopo essere stata presentata per la prima volta in Italia attraverso una mostra e un seminario a Torino (23 gennaio – 16 febbraio), realizzati grazie al supporto dello stesso Rosenboom e in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, “Daytime Viewing” arriva al Performatorio.

COME ATTORNO A UN FUOCO
Leggi l'intervista a Giulia Mengozzi e Amos Cappuccio di ALMARE

A_R_C_C è il progetto nato nel 2014 dall’incontro tra Arnaud Rivière (A_R) e C_C (moniker di Édouard Ribouillault). È anche l’acronimo di Association de Recherche Contre le Concert, una dichiarazione d’intenti che prende forma nella loro performance: una partitura sonora e visiva nella quale la luce, intesa non come elemento decorativo ma informativo, quindi come fenomeno fisico, rende manifesto il processo di creazione.

On-off, bassa o alta intensità. Attraverso una serie di Led e fotosensori utilizzati per generare e trasformare i suoni, vediamo quello che ascoltiamo e viceversa, in un dialogo tra i due elementi diretto e visibile ma allo stesso tempo intriso di magico mistero.

Sulla scia della tradizione che utilizza componenti elettronici nella pratica artistica (Peter Vogel, Voice Crack e Tristan Perich per citarne alcuni), A_R_C_C inserisce il gesto compositivo in una specifica installazione. Creando con componenti e strumenti elettronici, definiscono uno spazio di possibilità in cui l’improvvisazione si sviluppa in modo spontaneo seguendo una serie di reazioni causa-effetto. Il risultato è un’esperienza live ogni volta unica.

A_R_C_C realizza in modo analogico e dal vivo la promessa di quegli ingegneri delle prime epoche dell’informatica libera e per tutti: What You See Is What You Get!

E LUCE FU
Leggi l'intervista ad A_R_C_C - Arnaud Rivière e Édouard Ribouillault.

Good Job, Good Boy II” è una performance sui temi dell'intimità, dell'immaginazione, delle strutture familiari e della differenza di classe.


Partendo da ricordi personali legati al desiderio queer e alla vita rurale, Eloy Cruz del Prado esplora la continua ricerca di validazione che passa attraverso il lavoro.


Combinando auto-fiction e ripetizione, l'artista porta l’attenzione sui meccanismi che modellano il nostro senso di autostima, la nostra identità e l'appartenenza sociale.


Attraverso la rappresentazione di tre personaggi (il nonno, la mula da lavoro del nonno e l'autore stesso), la performance evidenzia come le esperienze personali si intersecano con strutture sociali più ampie e narrazioni condivise.

L'ARTE È LA RISPOSTA
Leggi l'intervista a Eloy Cruz del Prado.

“PEZZI” è una performance d’asporto, nel vero senso della parola. Funziona così: scegli un pezzo, lo pesiamo e incartiamo, lo paghi ed è tuo.

Suona famigliare?
Lo è.

Attraverso la combinazione di due elementi – il corpo come matrice e il commercio al dettaglio – “PEZZI” invita a riflettere sulla bottom line della nostra vita, il principio che ogni giorno determina e orienta le azioni di milioni di persone.

L’Amore? No, purtroppo.
Il business. La produzione e il consumo.

“PEZZI” è anche la raccolta fondi di fine anno del Performatorio, l’occasione per incontrarci per un aperitivo, rinnovare l’adesione all’Associazione per il 2025 e partecipare all’azione collettiva di fundraising, acquistando un pezzo al nostro bizzarro mercato.

Di quali pezzi stiamo parlando?
Non te lo spoileriamo, partecipa e lo scoprirai.

Ti aspettiamo all'ora dell'aperitivo!
L’ingresso è libero.

Performatorio

VIA NAZARIO SAURO 3A
24123 BERGAMO
info@performatorio.itInstagram
TELEGRAM
P - Aps

VIA G.B. MORONI 177
24127 BERGAMO
C.F. 95218210169
P.IVA 04712920166
p-aps@pec.it
CREDITI
Visual Identity:
Francesco Chiaro

Web Design:
Shalom Diaz
e Woodoo Studio